In occasione dei martedì ad arte della libreria La forma del Libro il 26 settembre è stato presentato il catalogo Between the lines di Beatrice Zagato
Le opere di Beatrice Zagato parlano della storia degli uomini ma anche di quella delle cose. Zagato domina la materia: le sue stratificazioni ricordano l’intreccio della memoria. Salgono in superficie grumi di significato, consistenze di pensiero.
Le opere di Beatrice Zagato parlano della storia degli uomini ma anche di quella delle cose. Zagato domina la materia: le sue stratificazioni ricordano l’intreccio della memoria. Salgono in superficie grumi di significato, consistenze di pensiero.
A volte il passato squarcia la tela: affiorano antiche sofferenze che Zagato amorevolmente ricuce, sutura, ricompone. Il suo procedimento artistico è medicamentoso. Allo stesso tempo ardito, impietoso. L’approccio alla tela sempre frontale, perentorio, assertivo: una tela non è che una tela, così Zagato la pulisce, toglie, strofina, scarta, dribbla e poi ritorna al materiale grezzo, senza orpelli, senza inganni. Non cerca mai una zona franca. Allora, solo di fronte a quel vero, che non cede alla lusinga del dolore, interviene con determinazione di bianchi bianchi – e Burri le sorride – e gialli e rosa e marroni.
Il colore è verità, è sostanza nel nome; e non mentisce. Come un’onda di colore – il mare è elemento spesso evocato; della sua potenza immaginifica Zagato racconta con pesci opalescenti come fossili o guizzanti d’oro – la materia si sovrappone e si piega, e si srotola in colla e carta e ancora spago e legno e chiodi e argenti e oro. Segni nitidi senza alcun pretesto, solo l’urgenza della scarcerazione, perché il dolore lascerebbe delle tracce, ferite aperte e lacrime stagnanti.
Con gesti semplici e decisi Zagato medica, cicatrizza l’urlo e lo inchioda – con certezza – che non possa scivolare fuori: il suo tempo è già stato, ora v’è quello della cura. Scacciato il chiodo, crocifisso il verbo, incollata la parola, la tela ora è di nuovo corpo vivo e ha la sua storia; e ha la sua memoria. Il processo creativo di Zagato è taumaturgico: la pittrice risarcisce, rianima, rifonde di vita il dolore, la paralisi. Il soffrire ha lasciato il suo segno ma è diventato canto.
Estremamente interessanti questi lavori di Zagato, struggenti e poetici questi suoi componimenti medicamentosi. E anche quando Zagato si confronta con il figurativo – sulla soglia di un recente processo di sperimentazione – l’approccio alla tela non è mai scontato: perché la tela volteggia, s’invola, s’alza, s’impenna e poi raccoglie il segno nella figura appena tratteggiata.
Ritorna anche in questo approccio più formale il bisogno di togliere, pulire, decantare e poi, unguento lenitivo, ritrovare la verità della figura: con sincerità commovente e disarmante.
Il colore è verità, è sostanza nel nome; e non mentisce. Come un’onda di colore – il mare è elemento spesso evocato; della sua potenza immaginifica Zagato racconta con pesci opalescenti come fossili o guizzanti d’oro – la materia si sovrappone e si piega, e si srotola in colla e carta e ancora spago e legno e chiodi e argenti e oro. Segni nitidi senza alcun pretesto, solo l’urgenza della scarcerazione, perché il dolore lascerebbe delle tracce, ferite aperte e lacrime stagnanti.
Con gesti semplici e decisi Zagato medica, cicatrizza l’urlo e lo inchioda – con certezza – che non possa scivolare fuori: il suo tempo è già stato, ora v’è quello della cura. Scacciato il chiodo, crocifisso il verbo, incollata la parola, la tela ora è di nuovo corpo vivo e ha la sua storia; e ha la sua memoria. Il processo creativo di Zagato è taumaturgico: la pittrice risarcisce, rianima, rifonde di vita il dolore, la paralisi. Il soffrire ha lasciato il suo segno ma è diventato canto.
Estremamente interessanti questi lavori di Zagato, struggenti e poetici questi suoi componimenti medicamentosi. E anche quando Zagato si confronta con il figurativo – sulla soglia di un recente processo di sperimentazione – l’approccio alla tela non è mai scontato: perché la tela volteggia, s’invola, s’alza, s’impenna e poi raccoglie il segno nella figura appena tratteggiata.
Ritorna anche in questo approccio più formale il bisogno di togliere, pulire, decantare e poi, unguento lenitivo, ritrovare la verità della figura: con sincerità commovente e disarmante.